Carbossiterapia
Per carbossiterapia s’intende l’utilizzo dell’anidride carbonica per scopi terapeutici. Si utilizza lo stesso gas addizionato alle bevande gasate (acqua minerale, spumante,…) con la differenza che si tratta di anidride carbonica medicale, perciò più pura di quella alimentare.
Storia
La carbossiterapia nasce in Francia come tecnica di terapia nell’ambito della medicina termale. E’, infatti dal 1932 che viene praticata presso le terme di Royat a Clermont-Ferrand (Francia. Il termine carbossiterapia è stato introdotto da Parassoni L., nel 1995, in occasione del XVI congresso nazionale di medicina estetica della Società Italiana di Medicina Estetica (SIME). Prima di tale data si parlava di terapia mediante anidride carbonica per via transcutanea e per via sottocutanea. Nel tempo sono stati effettuati numerosi studi: (Belotti E, De Bernardi M., 1992),(Albergati F. e al, 1997), (Parassoni L. e al, 1997, 1998), (Varlaro V. e al, 1995, 2005, 2007, 2012, 2016, 2017), (Brandi C. e al, 2004, 2010). Sicuramente alcuni autori (Brandi C., Varlaro V.) hanno contribuito più di altri a fare dilatare la dignità scientifica di tale metodica.
Utilizzo
La carbossiterapia, praticata con apparecchiature e metodologie adeguate, è usata per:
- riabilitare la microcircolazione in situazioni cliniche di insufficienza venosa cronica, linfedemi, ulcere arteriose (diabete mellito, m. di Buerger), ulcere venose, cellulite;
- relizzare effetti lipolitici in situazioni cliniche di eccessi adiposi (adiposità localizzata);
- trattare la psoriasi quando è caratterizzata a livello ipodermico da microangiopatia;
- trattare la disfunzione erettile;
- migliorare le capacità cognitive;
- trattare le reumoartropatie.
- trattare le ulcere venose, arteriose;
- trattare l’invecchiamento cutaneo.
Le iniezioni devono essere effettuate a livello sottocutaneo. I trattamenti prevedono delle iniezioni per via sistemica (iniezioni a livello sottotrocanterico) e iniezioni per via distrettuale (viso, collo, radice arti, addome, in prossimità di ulcere arteriose o venose, in prossimità di lesioni psoriasiche,…).
La carbossiterapia ha come target tutte quelle patologie croniche che sono caratterizzate da una sofferenza della microcircolazione (microangiopatia) o che traggono benefici da una migliore ossigenazione dei tessuti. Gli effetti dell’anidride carbonica somministrata per via sottocutanea o per via transcutanea sarebbero da relazionare a svariati meccanismi molecolari:
- Aumento della sfigmicità arteriolare e metarteriolare e rilassamento degli sfinteri precapillari;
- Amplificazione degli effetti Bohr e Haldane;
- Stimolazione di pressocettori sottocutanei (corpuscoli del Golgi e del Pacini) che favoriscono la liberazione distrettuale di catecolamine;
- Stimolazione di una reazione fibrotica (collagene di tipo I).
Dei meccanismi molecolari determinati dalla carbossiterapia quello meno nobile è quello che si realizza iniettando a livello sottocutaneo anidride carbonica a flusso elevato per scollare i tessuti e stimolare, così una reazione fibrotica riparativa. Purtuttavia, a volte anche tale meccansimo d’azione può tornare utile per migliorare le lassità delle radici degli arti superiori (ali di pipistrello), le lassità dell’addome.
Lo scopo principale della carbossiterapia è quello di riabilitare la microcircolazione. Per tale ragione è importante il tempo di esposizione del microcircolo all’anidride carbonica che più è prolungato maggiore è l’effetto riabilitante a livello di arteriole e di metarteriole e migliore è l’ossigenazione dei tessuti. I trattamenti a flusso basso (20-30 ml/min) costituiscono un cardine da cui non si deve mai prescindere se si vuole realizzare una carbossiterapia con le giuste competenze.
Il protocollo di trattamento deve prevedere delle iniezioni sottocutanee per via sistemica (regione sottotrocanterica) ed eventualmente delle iniezioni per via distrettuale (viso, collo, decolleté, addome,…). Il trattamento per via sistemica deve essere effettuato sempre, pena l’inefficacia della terapia.
Il gas somministrato per via sottocutanea a livello sottotrocanterico agisce a livello sistemico: la CO2 diffonde in tutto l’organismo. Tali effetti sistemici sono stati documentati mediante linfoscintigrafia (Varlaro V. e al., 2007).
Piccole quantità si anidride carbonica iniettate per pochi secondi non bastano a riabilitare la microcircolazione. Una riabilitazione per essere utile deve essere precoce e protratta per un tempo appropriato.
Gll effetti della carbossiterapia sulla microcircolazione consistono in un aumento della entità e della velocità del flusso ematico periferico. Tali effetti sono stati documentati mediante videocapillaroscopia a sonda ottica (VCSO).
Un maggiore afflusso di sangue si traduce in una migliore ossigenazione dei tessuti. Gli effetti Bohr e Haldane vengono amplificati: più anidride carbonica viene somministrata, più ossigeno viene rilasciato dall’emoglobina. Ossigeno che si rende disponibile per i metabolismi cellulari che vengono ottimizzati.,
L’anidride carbonica che viene somministrata viene rimossa con i meccanismi fisioligici con cui l’organismo rimuove l’anidride carbonica prodotta dal metabolismo cellulare: il 7% viaggia nel plasma in forma gassosa, il 73% come ione bicarbonato, il 20% legata all’emoglobina e ad altre proteine plasmatiche.
L’anidride carbonica passa nei capillari in forma gassosa dove viene prontamente legata all’acqua a formare acido carbonico (H2CO3): un acido debole che dissocia in idrogenioni (H+) e anioni bicarbonato (HCO3–). Gli anioni bicarbonato vengono eliminati per via renale.
La formazione dell’acido carbonico avviene a livello del plasma (reazione lenta: non catalizzata) e a livello di eritrociti (reazione veloce:catalizzata dall’enzima anidrasi carbonica).
La carbossiterapia si effettua utilizzando apparecchiature tecnologicamente avanzate che permettono di stabilire il flusso minuto, i tempi di applicazione, le quantità totali di anidride carbonica da somministrare secondo i vari protocolli utili per le diverse patologie.
È una terapia priva di tossicità. Tra gli eventi avversi sono da menzionare: una fugace dolenzia nella sede dell’insufflazione, un enfisema sottocutaneo temporaneo (si risolve una volta terminata l’insufflazione del gas), qualche ecchimosi, una sensazione di arto pesante (può durare qualche ora) (rara), una sensazione di crepitisio sottocutaneo (si può avvertire a tratti durante l’arco della terapia).
Controindicazioni
La carbossiterapia è controindicata nei casi di
- Insufficienza respiratoria grave
- Insufficienza renale grave
- Insufficienza cardiaca grave
- Insufficienza epatica grave
- Terapia con acetazolamide, diclofenamide o altri inibitori dell’anidrasi carbonica
- Anemia grave
- Tachiaritmie cardiache
- Gravidanza
Il diabete mellito non è una controindicazione. Per i diabetici è necessaria una valutazione ematochimica preliminare (dosaggio acido lattico plasmatico nei pazienti in terapia con ipoglicemizzanti orali, ricerca di corpi chetonici nelle urine nei soggetti in terapia con insulina,…) perché potrebbero essere interessati da un’acidosi metabolica. Nel caso fosse presente un’acidosi metabolica è necessario, prima trattare tale scompenso metabolico e poi effettuare la carbossiterapia. Il diabetico può beneficiare in modo straordinario di un tale tipo di terapia medica specie se affetto da vasculopatie arteriose periferiche (Varlaro V,, 2012, 2017).
Campi di applicazione
Nel tempo si sono ampliati i campi in cui la carbossiterapia viene applicata:
- Disfunzione erettile
- Deficit cognitivi
- Reumoartropatie
- Alopecia